La cucina laziale è rappresentata in gran parte da quella romana, nella quale sono convogliate tutte le specialità delle tradizioni culinarie della regione. Perduti i fasti dell'Antica Roma, dove era possibile mangiare qualunque prelibatezza del mondo civilizzato, questa è una cucina che ha perso in gran parte il suo filone aristocratico (con la famosa eccezione del timballo di Bonifacio VIII). Nella gastronomia romana hanno solidamente prevalso tre componenti popolaresche: quella ebraica (detta “giudea”), la più raffinata, ingegnosa e colta, cui si devono celebri piatti come i “carciofi alla giudia” o “alici con l'indivia”; quella burina, di derivazione abruzzese, con i “bucatini all’amatriciana”, la “pasta alla carbonara”, l’abbacchio romano IGP e in genere i piatti di carne di maiale (Porchetta di Ariccia IGP); quella macellara, nata intorno ai mattatoi con protagonista il “quinto” quarto: cioè interiora, zampe, guancia, alla quale appartengono i “rigatoni con la pajata” o la “coda alla vaccinara”.I sapori del Lazio provengono dalla cultura delle aree circostanti: fra gli ortaggi dominano i carciofi (romanesco del Lazio IGP) e le insalatine, mentre nei dolci si evidenzia la ricotta romana DOP, come nel famoso “budino”. Per il pesce, meritano una menzione le rinomate anguille del lago di Bolsena, e le "mazzancolle" dell’area di Gaeta che nel dialetto laziale indicano i gamberoni pescati in estate. Ricette dell’antica gastronomia romana sono rintracciabili nella letteratura storica: Maestro Martino (XV sec.) ci presenta una ricetta che può ricordare i famosi saltimbocca di antica tradizione: “Per fare coppiette al modo romano” (pezzetti di carne che rimangono attaccati l'uno all'altro), e Messisbugo (XVI sec.) propone “A fare dieci piatti di maccheroni romaneschi” e “cavoli a la romanesca” (cavoli rifatti con lardo e brodo grasso). Inoltrandoci nel tardo Rinascimento, incontriamo lo Scappi con “Per far polpettoni alla romanesca di lombolo di bove o di vaccina”. Anche Francesco Leonardi (XVIII sec.) fra le tante squisitezze e raffinatezze proposte nel suo libro, per la cucina romana fornisce la ricetta della “Trippa di manzo alla romana” che – per quanto elaborata – rimane sempre un alimento della cucina povera. Possiamo allora desumere che la gustosa semplicità della cucina popolare della festa abbia in parte coinciso con la cucina quotidiana papalina e aristocratica, e da questo legame nacquero proverbi e adagi popolari: «Chi se vòimparà a magnà, da li preti bisogna che va». Nella seconda metà del ‘900 il cinema italiano ha poi esportato questa cucina popolaresca imponendola come culto “turistico” al pari del Colosseo o della cattedrale di San Pietro.
Abbacchio Romano IGP
Tipo: Carni fresche
Zona: l’abbacchio è prodotto con capi allevati in Lazio
Storia: “L'industria pastorizia romana", come la definisce il Mommsen nella sua "Storia di Roma", era molto sviluppata, soprattutto in virtù della grande richiesta di stoffe di lana. Tale attività, in età imperiale, era svolta soprattutto per mezzo di schiavi, scelti fra quelli più robusti, muniti di armi e cavalli e guidati da un mastro pecoraio, il magister pecoris. Abbacchio è l'antico termine romanesco che indica l'agnello giovane, protagonista indiscusso della storia culinaria di Roma e del Lazio, una tradizione lontana che ha dato origine a più di cento piatti storici, fra i quali grande fama hanno l’abbacchio al forno con patate a tocchetti, l’abbacchio a "scottadito" e l’abbacchio alla "cacciatora".
Metodologia: L'Abbacchio Romano IGP è allevato allo stato brado o semibrado ed è nutrito solo con latte materno e con gli alimenti naturali e le essenze spontanee dei pascoli tipici del Lazio. Ancora oggi viene effettuata la tradizionale pratica della monticazione: i pastori trasferiscono il gregge in montagna, in modo da permettere agli animali di sfuggire alla calura estiva. In queste condizioni ideali le pecore madri producono un latte di altissima qualità nutritiva che influisce positivamente sulle caratteristiche della carne dell'Abbacchio Romano
Canino DOP
Tipo: grassi (oli)
Zona: ridotto della provincia di Viterbo
Storia: la varietà Caninese popola la Tuscia da tempo immemorabile. Pare infatti che gli Etruschi amassero coltivarla e godere dei suoi frutti. Negli anni Cinquanta la riforma agraria che ha interessato queste zone ha espropriato alcune terre ai principi di Torlonia, signori della zona, per darle in mano a cooperative di contadini
Metodologia: Le varietà di olivo Canino e cloni derivati, Leccino, Pendolino, Maurino e Frantoio sono le varietà utilizzate per produrre il Canino DOP. L’olio extravergine d’oliva è un prodotto ottenuto esclusivamente per estrazione meccanica, a basse temperature: le olive vengono sottoposte alla lavatura, vengono molite e risultano poi in una pasta grezza, sottoposta a centrifugazione per separare fasi solide e liquide.
Carciofo Romanesco del Lazio IGP
Tipo: prodotto ortofrutticolo non elaborato
Zona: Comprende i territori di 17 comuni delle province di Viterbo, Roma e Latina
Storia: Già i Romani lo coltivavano per lo più negli orti domestici, ma le notizie certe della sua coltivazione risalgono al XV secolo dove fu introdotto da Filippo Strozzi nei territori circostanti Napoli; successivamente si diffuse anche in Toscana, nel Lazio e in altre regioni. Il carciofo inizia ad essere un alimento fondamentale nella dieta laziale subito dopo la prima Guerra Mondiale. Ma è dopo la Seconda Guerra mondiale che la coltivazione del carciofo divenne più intensiva, soprattutto nell’area di Ladispoli e zone limitrofe.
Metodologia: Questo carciofo è anche chiamato “Mammola”, “Romano” o “Cimarolo”. Dopo l’aratura, l’impianto viene preparato da agosto a ottobre. Gli interventi irrigui vengono effettuati da agosto, ed eventualmente a fine inverno. La scarducciatura ( la potatura dei carducci, i piccoli rami che crescono intorno alla pianta madre del carciofo) si effettua solitamente tra la seconda e la terza decade di settembre e tra novembre e dicembre, per poi passare alla raccolta a mano, scalarmente, mediamente a inizio gennaio fino a maggio
Castagna Vallerano DOP
Tipo: prodotto ortofrutticolo non elaborato
Zona: La zona di produzione è rappresentata dall'intero comune di Vallerano in provincia di Viterbo.
Storia: Nella rivista Geografica Italiana 87 (1980) è indicato che la coltura del castagno esisteva già nell'anno 1500. Nel 1584 il Principe Farnese autorizza l'esportazione delle castagne ai paesi vicini solo verso quelli che potevano fornire in contropartita cereali.
Metodologia: La conservazione del prodotto dovrà essere effettuata mediante cure in acqua fredda («cura a freddo») senza aggiunta di alcun additivo, o mediante sterilizzazione con bagno in acqua calda e successivo bagno in acqua fredda («cura a caldo»), sempre senza aggiunta di nessun additivo. La «cura a freddo», consiste nell'immersione in grotte tufacee secolari (cantine) o in appositi contenitori situati in idonei ambienti per alcuni giorni (non più di sette) in acqua a temperatura ambiente
Colline Pontine DOP
Tipo: grassi (oli)
Zona: quest’olio è prodotto nella provincia di Latina
Storia: l'Impero romano emanò diversi editti per regolare l'olivicoltura, ritenendola di primaria importanza. Alla caduta dell'Impero romano d'occidente, la profonda crisi dello Stato centrale causò il declino della produzione e del commercio dell'olio
Metodologia: L'olio è ottenuto dalla spremitura di olive della cultivar Itrana, nota anche come Oliva di Gaeta, Trana, Oliva Grossa oppure Cicerone
Fagiolo Cannellino di Atina DOP
Tipo: prodotto ortofrutticolo non elaborato
Zona: Il fagiolo cannellino di Atina è un ecotipo locale che si è sviluppato nella Valle di Comino, nella provincia di Frosinone nel Lazio.
Storia: Nei registri del 1853 si trovano annotate due varietà: il fagiolo rosso ed il cannellino bianco; quest’ultimo, considerato uno dei più pregiati, si produceva in quantità maggiori rispetto a quello rosso. Il consumo di fagiolo cannellino di Atina avveniva soprattutto tra i contadini e le classi meno abbienti mentre solo una piccola percentuale della produzione veniva destinata alla vendita.
Metodologia: La semina si effettua dalla fine del mese di giugno fino alla metà di luglio, subito dopo la mietitura del grano. Quando il baccello da verde diventa giallo, si comincia la raccolta, avviene solitamente a fine settembre ed è fatta a mano. Si tratta di un fagiolo di forma leggermente ellittica e schiacciata, i semi non superano il centimetro di lunghezza.
Kiwi Latina IGP
Tipo: prodotto ortofrutticolo non elaborato
Zona:prodotto laziale delle province di Roma o Latina
Storia: Nonostante sia conosciuto come frutto originario della Nuova Zelanda, il kiwi era già noto in Cina oltre 700 anni fa. Nel corso degli anni settanta del Novecento la pianta è arrivata nel nostro Paese e la sua coltivazione si è diffusa rapidamente, facendo rapidamente dell’Italia il principale produttore mondiale di kiwi.
Metodologia: Il Kiwi Latina IGP si riferisce al frutto allo stato fresco ottenuto dalla specie botanica Actinidia deliciosa varietà Hayward. La pianta predilige terreni freschi e profondi, ben drenati e ricchi di sostanze organiche e minerali come ferro e magnesio. Per avere una buona impollinazione e quindi un buon raccolto bisogna che le piante femminile maschili vengano alterate in modo corretto: un maschio ogni 5/8 femmine. La raccolta avviene tra fine ottobre e inizio di novembre, periodo in cui generalmente i frutti, con la maturazione, sviluppano il giusto contenuti di zuccheri.
Nocciola Romana DOP
Tipo: prodotto ortofrutticolo non elaborato
Zona: la produzione interessa alcuni comuni delle province di Viterbo e Roma
Storia: ottimamente con le tempistiche evolutive della pianta.
La coltivazione della pianta di nocciolo nel Lazio ha origini antiche. La presenza sul territorio della varietà Tonda Gentile risalirebbe già ad epoca pre-romana, mentre la sua coltivazione è attestata a partire dal XV secolo
Metodologia: La «Nocciola Romana» designa i frutti riferibili alle cultivar «Tonda Gentile Romana», «Nocchione» e loro eventuali selezioni. Gli arbusti sono sottoposti a potatura annuale mentre il processo di concimazione sarà teso a non forzare la produzione dei terreni. La raccolta può essere effettuata dal 15 agosto al 15 novembre, anche se, generalmente, si raccolgono tutte le nocciole entro la metà di settembre, quando giungono a piena maturazione
Patata dell'Alto Viterbese IGP
Tipo: prodotto ortofrutticolo non elaborato
Zona: prodotto di 8 comuni nella provincia di Viterbo
Storia: questa coltivazione vanta nell' area una antica tradizione anche se la sua maggiore diffusione si è registrata negli ultimi 30 anni a seguito del forzato abbandono della coltivazione della fragola
Metodologia: le patate tipiche dei Colli Viterbesi esprimono le particolari caratteristiche del territorio di Grotte di Castro che le rendono famose ed apprezzate in Italia come all'estero. La polpa compatta e un profumo tipico del prodotto fresco sono le caratteristiche principali delle patate dell'alta Tuscia viterbese
Pecorino di Picinisco DOP
Tipo: formaggio stagionato
Zona: prodotto della provincia di Frosinone
Storia: le principali testimonianze scritte di questo pecorino sono del Seicento e si trovano nella Statistica Murattiana del 1811. Altri testi descrittivi sono depositati negli archivi comunali
Metodologia: Formaggio che nasce dal latte di pecora Comisana e Massese e da quello delle capre di razza Grigia Ciociara e Bianca Monticellana. L'alimentazione delle lattifere è del tutto naturale, grazie alle erbe dei pascoli, anche alti, del Parco nazionale d'Abruzzo
Peperone di Pontecorvo DOP
Tipo: prodotto ortofrutticolo non elaborato
Zona: prodotto della provincia di Frosinone
Storia:Le origini storiche del Peperone di Pontecorvo risalgono al 1830, quando il principato di Pontecorvo ricade nel dominio della Santa Sede: se ne ritrova traccia in un opuscolo in cui si riporta tra le colture orticole, la produzione di peperone di Pontecorvo. La nascita del Consorzio Agrario, nel maggio del 1889 ha definitivamente dato un efficace contributo alla coltivazione del peperone
Metodologia:Nella cucina ciociara è utilizzato come riserva alimentare, sott'olio, o intero immerso nell'aceto. La polpa è sottile, il sapore dolce, la cuticola più sottile rispetto ad altri prodotti corrispondenti allo stesso genere merceologico. Le caratteristiche che lo rendono unico sono l'elevata sapidità e la sua migliore digeribilità associata ad una buccia sottile
Porchetta di Ariccia IGP
Tipo: preparato di carni
Zona: prodotto della zona di Ariccia in provincia di Roma
Storia: La Porchetta di Ariccia vanta una tradizione risalente ad epoche pre-romaniche e alla popolazione dei Latini. Infatti, non solo si attribuisce ad Ariccia l’origine dei sacerdoti che lavoravano e preparavano le carni suine da offrire in sacrificio nel tempio di Giove, sul vicino Monte Cavo, ma si ritiene anche che, grazie alla presenza della nobiltà romana si sia potuta sviluppare quella maestranza artigianale nel preparare la porchetta
Metodologia: Una delle principali caratteristiche distintive del prodotto è la croccantezza della crosta. La sua carne sapida è di colore fra il bianco e il rosa e arricchita dall'uso sapiente di aromi come aglio, rosmarino e pepe nero. Si tratta di un prodotto cotto: l’impasto speziato subisce il processo di cottura in grandi forni strutturati con delle vasche di contenimento, per raccogliere il grasso che si scioglie durante il processo di cottura
Prosciutto Amatriciano IGP
Tipo: preparato di carni
Zona: prodotto di Amatrice nella provincia di Rieti
Storia: la tradizione della lavorazione della carne suina nel territorio reatino è nota fin dal Medioevo, quando il prosciutto era utilizzato come merce di scambio. La notorietà del prosciutto di Amatrice andò affermandosi a partire dall'inizio del XX secolo: Cesare De Berardinis nel 1932 descrisse la lavorazione dei "prelibati prosciutti" da parte delle instancabili donne di Amatrice
Metodologia: gli animali sono macellati tra i 9 e 15 mesi di età. La coscia viene rifilata con un taglio tradizionale che rimuove il grasso e la cotenna e lascia scoperta un'ampia porzione interna della coscia stessa. Il prodotto è poi sottoposto alla salatura, che può variare tra i 12 e 20 giorni complessivi. Successivamente i prosciutti sono dissalati e toelettati, lavati con getto d'acqua e poi passati alla fase di sugnatura
Ricotta Romana DOP
Tipo: prodotto caseario
Zona: prodotto sull’intera superficie della regione lazio
Storia: pare che Mario Vizzardi nel suo libro “Formaggi Italiani”, sostiene che la ricotta sia originaria dell’agro romano e la sua diffusione si deve a San Francesco d’Assisi il quale, trovandosi nel 1223 in una località laziale per la realizzazione di un presepio, insegnò ai pastori l’arte di produrre la ricotta.
Metodologia: nasce dal siero del latte di pecora di razze varie. Dalla coagulazione caldo-acida del siero si estrae un prodotto che viene conservato in celle refrigerate e subito commercializzato. Latticino fresco dalla forma tronco-conica, caratterizzato da un aroma lattico pecorino, di bassa intensità
Sabina DOP
Tipo: grassi (olii)
Zona: prodotto delle province di Rieti e Roma
Storia: l’olio nella Sabina ha una tradizione antichissima. Basti pensare che, secondo la leggenda, pare l’olivo millenario di Canneto sabino sia stato piantato addirittura dal Sabino Numa Pompilio, Re Di Roma dal 715 a.C. fino al 673 a.C. Ma per questo maestoso esemplare di Olivastrone la stima più ragionevole sembra datare la pianta ad un millennio circa d'età, collo candone la piantagione alla grande campagna di bonifica delle zone di Canneto, da parte dei monaci benedettini di Farfa, i quali proprio intorno al Mille, avrebbe collocato nell'area un presidio
Metodologia: antichissimo olio extra vergine di oliva ottenuto dalle varietà di olive Carboncella, Leccino, Raja, Frantoio, Olivastrone, Moraiolo, Olivago, Salviana e Rosciola
Sedano Bianco di Sperlonga IGP
Tipo: prodotto ortofrutticolo non elaborato
Zona: prodotto nella zona di Sperlonga, in provincia di Latina
Storia: Intorno alla metà degli anni ’60 nella zona è stata introdotta la coltivazione del bianco, prima in pieno campo e successivamente in coltura protetta. Attraverso il lavoro di selezione operato dagli agricoltori, l’ecotipo “ Sedano Bianco di Sperlonga” ha ottenuto ottimi risultati in termini di produzione e qualità. Questo ha spinto i produttori della zona a costituirsi in associazione
Metodologia: poiché la crescita è lenta e poco competitiva nei confronti delle erbe infestanti, è particolarmente importante controllare i primi 40-50 giorni. La raccolta viene effettuata manualmente recidendo la pianta per mezzo di un coltello. Il Sedano Bianco di Sperlonga IGP si presenta di colore bianco con una leggera sfumatura verde chiaro, poco fibroso, caratterizzato da costolature poco evidenti, ha un sapore dolce e solo moderatamente aromatico
Tuscia DOP
Tipo: grasso (olii)
Zona: prodotto della Tuscia, zona della provincia di Viterbo
Storia: la coltivazione dell’olivo nella Tuscia ha origini antichissime: iniziò a diffondersi già del VI a.C., grazie agli scambi commerciali tra Etruschi, Greci e Fenici. Molti sono infatti i reperti archeologici che testimoniano la conoscenza di questo tipo di coltura nella Tuscia. Sono stati infatti ritrovati dipinti in alcune tombe etrusche che testimoniano la conoscenza degli antichi Etruschi di questa pratica
Metodologia: prodotto con olive di tre cultivar di olivo: Frantoio, Canino e Leccino. L’olio dal colore verde smeraldo con riflessi dorati. Al naso si presenta fruttato e ricorda il frutto sano, fresco, raccolto al punto ottimale di maturazione, mentre in bocca è mediamente fruttato con equilibrato retrogusto amaro e piccante